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Civitanova: ucciso per strada tra le bastonate e insulti del suo carnefice, efferato omicidio

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Può bastare una parola fuori posto per perdere la vita? La risposta è ovviamente no. Starà però agli inquirenti capire se sia stata davvero quello a scatenare la furia di Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, il 32enne salernitano trapiantato a Civitanova che ha aggredito e ucciso Alika Ogorchukwu, 39enne ambulante di origine nigeriana che però da anni viveva a San Severino. La Questura di Macerata ha ribadito in una nota che si stanno portando avanti gli accertamenti sul movente del delitto, ma che essi sono «verosimilmente riconducibili a futili motivi».

Tutto è accaduto nel giro di pochissimi minuti. Sono le 14.30 circa, Ogorchukwu passeggia sul lato ovest di corso Umberto I, a un centinaio di metri dall’intersezione con piazza XX Settembre. È in città con la moglie per lavorare. Passeggia a passo lento e si accompagna con una stampella, regalo non certo gradito di un grave incidente riportato anni prima. Davanti a Duin, negozio di intimo, Incrocia Ferlazzo e la compagna, li avvicina per chiedere qualcosa, forse delle elemosina. Cosa sia successo davvero in quel colloquio lo sanno solo loro tre, ma in pochi secondi si accende la furia del campano. La gente intorno, commercianti, residenti ma anche semplici avventori, è pietrificata, anche se qualcuno ha la freddezza di riprendere la scena con lo smartphone. Video buoni come prove, ma di nessun aiuto per salvare la vita al 39enne nigeriano, che in pochi attimi viene sopraffatto dal 32enne campano. Gli sale sopra, lo immobilizza, poi gli stringe la faccia contro il marciapiede, soffocandolo. «Pezzo di m….», gli vomita in faccia ad un certo punto. La colluttazione è violentissima, Ogorchukwu perde il bastone che lo sorregge e involontariamente offre l’arma del delitto al suo carnefice: lo riempie di bastonate, al corpo, agli arti, alla testa. E quando questi perde i sensi, Ferlazzo scappa via.

In tanto hanno visto la scena, la macchina dei soccorsi si mobilita in fretta. Arrivano il 118 e la Croce Gialla di Recanati per tentare di rianimarlo in extremis, ma ormai è tardi: il nigeriano spira lì, sotto gli occhi di una città che assiste ammutolita alla scena. Arriva la polizia, arrivano centinaia di curiosi. Arriva la moglie di Ogorchukwu, che urla disperata in preda a un dolore cieco e sordo, che però non può riportargli il marito in vita. La fuga di Ferlazzo, invece, dura poco: la Polizia lo rintraccia facilmente, d'altronde lo hanno visto in tanti in volto, e lo porta in caserma, dichiarandolo in arresto all’ora di cena.

Un evento di violenza inaudita, che però ricorda un altro episodio accaduto solo 6 anni fa e solo una ventina di chilometri più in là. Era mercoledì 6 luglio 2016 quando a Fermo Emmanuel Chidi Namdi, anche lui nigeriano, veniva ucciso dal fermano Amedeo Mancini, dopo una rissa per futili motivi. Il razzismo fu lo sfondo in cui si consumò quella tragedia, starà agli inquirenti capire se anche stavolta le Marche dovranno fare i conti con questo oscuro demone o se stavolta le cose sono andate diversamente.

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Questo è un articolo pubblicato il 30-07-2022 alle 10:42 sul giornale del 30 luglio 2022 - 3756 letture






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