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intervista

Liberi come Epicuro. Vincenzo Damiani: "Esplorare i rapporti tra sapere medico e sapere filosofico nell'antichità"

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di Netanya Primicino Coen


Vincenzo Damiani è vincitore, con una tesi sul genere del compendio in Epicuro, del primo premio dedicato al filosofo greco, il premio NetoIP. Sabato 25 luglio dalle 18:00, durante l'incontro "Ars longa, liber brevis. Compendi di dottrina e insegnamento a distanza nella Scuola di Epicuro", ci mostrerà i temi che affronta nella sua tesi.

Possiamo definire il compendio la didattica a distanza dell’antichità?

Il compendio è soltanto una delle forme letterarie utilizzate nel mondo antico per la trasmissione di molti e diversi saperi. La forma tipica della didattica a distanza è senza dubbio l’epistola, ma il caso di Epicuro, che scrive compendi in forma epistolare, mostra bene come questa sia un genere aperto, che si presta a esigenze comunicative diverse. In circostanze che ci obbligano a ripensare il quotidiano, il dibattito sulle possibilità della didattica a distanza è quanto mai attuale. Epicuro, che sulle soglie del III secolo a.C. lascia le coste dell’Asia Minore per trasferirsi ad Atene, non soltanto elabora un metodo di insegnamento in absentia, ma ci lascia profonde riflessioni sui presupposti e sulla funzione di questo stesso metodo.

Credi che ad oggi la filosofia possa essere resa accessibile e comprensibile a chiunque?

Come molte altre discipline, la filosofia possiede un linguaggio e metodi propri. Questi si acquisiscono pienamente soltanto nel corso del tempo. Ma le questioni di fondo di cui la filosofia si occupa possono e devono essere rese accessibili a tutti: “Nessuno è troppo giovane o troppo vecchio per la salute dell’anima”, dice Epicuro all’inizio del ‘manifesto’ della sua dottrina etica, l’Epistola a Meneceo.

Credi che oggi sia ancora possibile trovare il Giardino di Atene da qualche parte?

Quando penso al Kepos immagino una comunità i cui membri condividono valori e lavorano insieme, con reciproca benevolenza e senza (dover) perseguire interessi personali, nel progresso verso una vita felice. Ma dove trovare una comunità che sembra oggi il prototipo di una società utopica? Ho sempre sperato che l’Università, la vita spesa per la ricerca e per la trasmissione del sapere come valore in sé, potesse avvicinarsi a un modello del genere. Ma il fatto che la ricerca viene ormai misurata – e quindi finanziata – secondo criteri spesso estranei alla scienza piuttosto che in ragione di ciò che essa persegue, così come la concorrenza accademica tra equilibristi in cerca di certezze – vi si è costretti, in un recinto (non un giardino!) che poco offre – ci allontana di molto, e purtroppo, dall’idea epicurea di philia tra compagni di strada sul cammino della felicità.

Hai scelto di analizzare il genere del compendio, ma non si può definire tale la tua tesi. Credi che un compendio sarebbe stato sufficiente per spiegare le tue argomentazioni?

Fin dall’antichità la letteratura filologica ha elaborato generi propri. Scrivere un compendio – o un’introduzione – di storia letteraria è ovviamente possibile, ma uno studio specifico sul compendio come forma di comunicazione obbliga a servirsi di un genere diverso: sono le convenzioni della comunicazione scientifica.

Oltre alla filosofia sei specializzato anche in medicina. Di cosa ti stai occupando in questo periodo?

Al momento sto preparando un secondo libro, in cui cercherò di esplorare i rapporti tra sapere medico e sapere filosofico nell’antichità in vista della definizione della condotta di vita individuale.

Epicuro diceva "è inutile il discorso di quel filosofo che non curi un male dell'anima". Ci sono analogie con il pensiero di Galeno di cui ti stai occupando in questo periodo?

Tra Epicuro e Galeno ci sono, nonostante profonde divergenze dottrinarie, non poche analogie. Galeno si considerava medico e filosofo a un tempo e scrisse addirittura un breve trattato con il titolo Il miglior medico è anche filosofo. Diverse sue opere, tra cui proprio un breve scritto in risposta a un Epicureo non meglio noto, illustrano il rapporto d’interdipendenza tra malattia del corpo e malattia dell’anima. Per Epicuro, d’altra parte, la medicina resta un termine di paragone costante, che illustra il fine della sua filosofia. Né va dimenticato che Epicuro e Galeno si servono entrambi del genere del compendio e, quel che più importa, condensano le proprie opere per adattare il discorso a diversi tipi di pubblico. Un sapere terapeutico ha bisogno di essere messo in pratica senza indugio: la forma del compendio, del manuale, del prontuario, viene in soccorso sia nel caso di emergenze mediche sia – lo dice Epicuro stesso nell’Epistola a Pitocle – nel caso di “emergenze filosofiche”.

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Questa è un'intervista pubblicata il 18-07-2020 alle 09:01 sul giornale del 20 luglio 2020 - 532 letture