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La comunità musulmana incontra la città, tutti insieme contro l'Isis

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di Cristina Carnevali
redazione@viverejesi.it


L'incontro a Jesi sugli attacchi di Parigi

Non un convegno, nessuna analisi sociologica ma un momento di incontro per venire fuori e manifestare vicinanza alle famiglie delle vittime della strage francese.

 

Questa la premessa dell'incontro di sabato a Palazzo dei Convegni organizzato dal Partito Democratico, Sel, Rifondazione Comunista, PCDI, e tantissime associazioni che operano ogni giorno a contatto con tante nazionalità e affrontano i problemi legati alla loro inclusione sociale.

Il vice sindaco Butini ha ricordato il consiglio comunale straordinario dedicato ad esprimere una reazione dalla ennesima violenta provocazione e fare una riflessione tra le persone elette dalla cittadinanza. "È importante distinguere dalla reazione emotiva delle persone da una più ragionata riflessiva e costruttiva. Questo è l'ennesimo momento in cui ognuno deve cercare di dare il meglio di sé la propria disponibilità. Partecipo alle riunioni della consulta della pace (presente il presidente Gubbi, ndr) e ci diciamo di evitare la retorica e non declinare la parola pace in modo poco concreto".

È stata data poi lettura della lettera di Mattarella alla famiglia della Soresin, vittima italiana al Bataclan.

Si sono susseguiti interessanti interventi: una "voce francese" ha precisato che il governo francese è laico e la religione è una scelta personale. "Sono fortunata di essere francese. Ho un bagaglio culturale importante ma ora più che mai è importante l'educazione impartita dalle famiglie oltre che dalla istruzione delle scuole. Dobbiamo capirci e rimanere uniti".

Il rappresentante della comunità islamica a Jesi, Youssef Wabhi, si è commosso nel suo intervento: era la sua prima occasione di parlare davanti alla città e lo ha fatto dopo le vittime francesi. Già nei giorni immediatamente successivi alla strage avvenuta in Francia, proprio la comunità musulmana si era apertamente schierata contro tali attacchi.

Ha parlato della strage anche il professor Mostafa Drissi: "La Francia ha mancato tanti appuntamenti coi propri giovani e oggi c'è una marginalizzazione sociale importante, ma dire che l'Islam è colpevole e che l'Isis è l'Islam, è sbagliato. Le religioni sono un pretesto per dare credibilità ai crimini che sono stati commessi negli anni. Non si può fare amalgama e cadere nella trappola di questi attentati alla nostra civiltà. Si gioca sulla etnia, sulla razza, concetto che non esiste, ma sono solo strumenti per dare credibilità a cose molto più grandi di noi e fuori dalla nostra portata.

È intervenuto un cittadino, il sig. Claudio Fratesi, che aveva invitato al dialogo con una lettera pubblicata sul giornale (http://www.viverejesi.it/index.php?page=articolo&articolo_id=563678) ribadendo la proposta di non cadere in certi tranelli. "Anche qui potrebbero esserci ragazzi pieni di odio non espresso e noi dobbiamo aiutarli a non cadere nel tranello del 'voi siete tutti uguali e siete nemici'. I musulmani sono i primi a schierarsi contro l'Isis. Fare tante iniziative come questa, creare comitati di quartiere dove fare più comunicazione anche con le etnie presenti. Iniziative culturali, mangiare insieme e fare integrazione dalla seconda generazione in poi, creare dicotomia".

La parola è passata alle tantissime associazioni che hanno collaborato a favorire l'incontro pubblico: ognuna ha raccontato le attività fatte sul territorio a supporto dell' integrazione e degli immigrati, un aiuto al loro inserimento nella comunità jesina.

Alcune associazioni hanno rappresentato come l'assenza di fondi abbia determina il taglio di queste attività, molto utili e importanti.

"Occorre guarire i nostri drammi, curare le ferite. Bisogna riconoscersi come uomini e donne nelle stesse ferite che abbiamo subito. Anche i bambini vivono la nostra tensione e si insultano a vicenda cristiani e musulmani, dobbiamo interagire al di là della nostra fede", così don Luigi Fiorentini.

Anche gli studenti hanno preso la parola. L'Istituto Varnelli di Cingoli: "Rappresento una parte di studenti che ogni giorno cresce a contatto con culture differenti. A convivere con punti di vista diversi, anche chi è di cultura islamica ci ha aiutato a essere uniti. Ci piace condividere e convivere. Parleremo a scuola di immigrazione per aprire la mente e far conoscere veramente come sono la cultura e il popolo islamico". "Siamo una generazione mescolata e viviamo insieme ogni giorno, vedo chi si ghettizza e fa certe scelte ma noi abbiamo tutti la nostra responsabilità", prosegue un altro studente.

"Sono marocchina e musulmana e non hai avvertito differenze tra me e gli altri ragazzi in 10 anni che vivo qui. La religione non c'entra nulla in tutto questo è nemmeno il cristianesimo. Mi sento per metà musulmana w per metà cristiana", ci tiene a sottintende una studentessa marocchina.

Anche Lucaboni di Forza Italia appoggia l'iniziativa è porta i saluti del partito. "Siamo tutti per la pace, ciò che è successo a Parigi è segnale che qualcosa nel mondo non va. Tutte le religioni professano la pace, abbiano avuti anche papi che hanno chiesto scusa. C'è una apertura e si deve ragionare che può cambiare. Siamo di fronte ad una terza guerra mondiale e l'occidente ha le sue colpe perché ha sfruttato tanti territori. Però la visione degli occidentali di difesa è presa come anti islamica, invece è solo autodifesa. Non esiste il buono e cattivo nel senso più stretto, ma tutti possono dialogare".





L'incontro a Jesi sugli attacchi di Parigi

Questo è un articolo pubblicato il 21-11-2015 alle 11:33 sul giornale del 23 novembre 2015 - 1445 letture