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Operazione Chiarizia: i Carabinieri stroncano banda di recidivi dello spaccio

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I Carabinieri della Compagnia di Senigallia, all’alba di mercoledì 15 gennaio hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal GIP del Tribunale di Ancona Carlo Cimini nei confronti di Antonio Chiarizia, classe 1969, residente a Trecastelli, condotto ai domiciliari; Roberto Lopinto, classe 1982, residente ad Arcevia, in carcere a Montacuto; Francesco Annibaldi, classe 1983, residente a Pergola, in cercere a Villa Fastigi.

Il provvedimento scaturisce da un’attività investigativa condotta dai Carabinieri della Compagnia di Senigallia, guidati dal capitano Lorenzo Marinaccio, denominata convenzionalmente “Chiarizia”, durata da gennaio ad ottobre 2013 ed estesa ai comuni di Senigallia, Serra de’ Conti, Pergola, Ostra Vetere, Barbara, Montemarciano, Trecastelli (già Castel Colonna), Corinaldo, Castelleone di Suasa, San Lorenzo in Campo ed Arcevia.

L'attività ha preso il via dal monitoraggio dei movimenti sospetti di Antonio Chiarizia in vari locali pubblici e abitazioni a bordo della propria auto. Durante le indagini i militari sono anche venuti a conoscenza di un pestaggio avvenuto a Barbara, nei pressi di un locale pub, la sera del 16 marzo 2013. Nello specifico hanno saputo che un ex assuntore di cocaina era rimasto vittima di un’aggressione riconducibile a rapporti di fornitura di cocaina intrattenuti proprio con Chiarizia ed altri soggetti riconducibili all’ambiente dello spaccio di stupefacenti. Dalla vittima i carabinieri hanno appreso informazioni utili per iniziare a delineare i contorni dell’attività di spaccio di cocaina gestita proprio dal 45enne insieme alla moglie. La vittima dell’aggressione ha riferito di aver acquistato dall’estate 2011 a settembre 2012 cocaina da Chiarizia e Lopinto.

I militari hanno allora ipotizzato che il gruppo si fosse poi diviso in due diversi tronconi, di cui uno costituito da D.M.G., affiancato dalla moglie M.S. e dai venditori C.L., A.J. (nel frattempo deceduto) e l’altro formato da Chiarizia, Lopinto e Annibaldi (quest’ultimo con un ruolo sempre più dominante sia nell’ambito dello spaccio sia nella gestione delle attività di recupero crediti scaturiti da pregresse cessioni di stupefacenti). Dalle intercettazioni telefoniche è arrivata poi la conferma dell’attività di spaccio di cocaina e anche di estorsione.

Nell’ambito della stessa indagine, i Carabinieri della Compagnia di Senigallia, il 15 maggio 2013, avevano già arrestato, in flagranza di reato, per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio Lopinto e il 29 maggio M. P; il 15 giugno D. M. G. e la moglie M. S. e, il 26 giugno Chiarizia e la moglie C. L., procedendo inoltre con il fermo di indiziato di delitto per lo stesso reato anche Annibaldi. Inoltre, avevano sequestrato complessivamente 80 gr. di cocaina, 50 gr. di mannite e 2 gr. di hashish.

Orai, il GIP del Tribunale di Ancona Carlo Cimini ha accolto le richieste del Pubblico Ministero Federica Fortunati e, valutando il pericolo di reiterazione di condotte analoghe ed il pericolo di inquinamento delle prove, ha disposto gli arresti dei tre. I tre infatti, anche dopo i primi arresti, non hanno cambiato stile di vita. Allarmanti, per gli investigatori, sono apparse le modalità violente e minacciose che venivano usate per ottenere danaro da persone che, per timore e soggezione, sono state costrette a cedere alle continue pressioni ricevute. Annibaldi e Lopinto infatti sono accusati anche di estorsione nei confronti di due persone. Tra l’altro entrambi gli episodi si collocano nel periodo maggio – giugno 2013, ovvero dopo l’arresto di Lopinto che, pur trovandosi ai domiciliari, avrebbe sostanzialmente intensificato la propria attività criminale, avendo necessità di danaro.

Le intercettazioni telefoniche inoltre avrebbero dimostrato come il traffico illecito di cocaina costituisse un’importante fonte di sostentamento e guadagno per gli indagati. Inoltre, a parere del GIP sussiste concretamente il pericolo di inquinamento delle prove, ossia il rischio che gli indagati, se posti al corrente in stato di libertà del procedimento a loro carico, possano mettere in atto azioni intimidatorie volte a condizionare le dichiarazioni rese dalle persone già sentite nel corso delle indagini.





Questo è un articolo pubblicato il 15-01-2014 alle 11:26 sul giornale del 16 gennaio 2014 - 7945 letture