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Liberi come Epicuro. Selene I. S. Brumana: "Danza e filosofia parlano la stessa lingua dell'infinito e del classico"

8' di lettura
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di Netanya Primicino Coen


Giovedì sera presso i Giardini della Pascoli Selene I. S. Brumana riprenderà il discorso, lasciato aperto lo scorso anno dal maestro Roberto Radice. Come Radice ci ha raccontato il pensiero di Epicuro, così Brumana ci introdurrà nel mondo dei filosofi stoici.

Ti imbarazza parlare degli stoici al Festival Epicureo?

Buongiorno e grazie per questa intervista. No, non mi imbarazza parlare degli Stoici al Festival; piuttosto la vedo come una grande responsabilità, e insieme un’opportunità per tutti gli amanti dell’evento. Lo stoicismo, per molti versi, è stato la filosofia dominante in età ellenistica, con posizioni di così grande impatto e fortuna da “imporsi” all’attenzione dei pensatori sia contemporanei sia seriori, i quali dunque non potevano esimersi di “dialogare” (in accordo o disaccordo) con tale scuola. Fra l’altro lo scorso anno, il prof. Roberto Radice, vostro ospite al Festival e Presidente della giuria per il premio NetoIP, nell’intervista rilasciata a Vivere Senigallia aveva aperto questa via, auspicando il ritorno della filosofia al dialogo, sulla base del fatto che «se il senso complessivo dovrà essere universale, le radici saranno sempre interpersonali». Accolgo dunque con piacere il vostro invito a parlare dello stoicismo, proprio nella linea di consentire al Festival il dialogo filosofico e culturale fra queste due scuole su un tema tanto importante, quale è la libertà.

Nonostante le differenze che rendono le discipline dello stoicismo e dell’epicureismo opposte tra loro, c’è un pensiero epicureo che gli stoici possono considerare proprio?

Nell’ambito della filosofia ellenistica, stoicismo ed epicureismo sono scuole “sorelle” per la comune accettazione del materialismo come fondamento del loro pensiero. Su questo comune orizzonte si instaurano però profonde differenze fra le due scuole, che non sempre sono opposizioni, ma certamente segnano la distanza fra due visioni parallele eppure diverse della realtà. Fra gli elementi di condivisione si può annoverare la centralità dell’interesse per l’uomo, e dunque l’etica. Di qui l’idea dell’atarassia, ossia un ideale negativo della felicità, che consiste in un percorso di progressiva eliminazione o riduzione dei turbamenti dell’animo.

Tra le due correnti ci sono anche delle analogie: in entrambe si è alla ricerca di una vita felice per l’uomo. Questo importante obiettivo che accomuna epicureismo e stoicismo, secondo te riesce a provocare un senso di condivisione e forte ammirazione anche nei confronti della dottrina opposta?

L’aspetto eudaimonistico, cioè la ricerca della felicità (eudaimonia), e la vita felice per l’uomo, è una caratteristica peculiare di tutto il pensiero filosofico antico. Aristotele lo spiega bene, quando afferma che tutti gli esseri umani anelano alla felicità; tuttavia, non esistendo un accordo su che cosa essa sia, si assiste a un’inevitabile moltiplicazione delle vie per raggiungere «il più grande e il migliore dei beni umani». Rispetto alle altre scuole, epicureismo e stoicismo, sotto questo profilo condividono una visione materialistica della realtà, sicché mutatis mutandis la loro proposta di “vita felice” è pienamente attuabile nell’orizzonte dell’esistenza umana, nell’aldiquà, proprio considerato il loro smarrimento del soprasensibile. Non saprei se sia bene parlare di “forte ammirazione” reciproca – forse è un poco azzardato –, anzitutto poiché le due scuole ebbero una loro precisa connotazione individuale, e poi perché è difficile pronunciarsi su questo aspetto senza cadere in generalizzazioni, che normalmente non rendono onore a nessuno: certo è che gli Epicurei, stando alla tradizione, ebbero una mentalità tendenzialmente più “aperta” degli Stoici, pur restando entrambi dogmatici.

Il tuo Maestro è il professor Roberto Radice che abbiamo conosciuto al Festival Epicureo 2019. Il suo contributo sulla conoscenza del pensiero stoico è fondamentale. Puoi sintetizzarlo per noi?

Il professor Roberto Radice, di cui sono allieva, è uno dei maggiori studiosi del pensiero stoico. Da lui ho appreso e continuo ad apprendere enormemente. Credo sia ingeneroso da parte mia riassumere in poche righe il suo pensiero e tanti anni di ricerca su questa scuola filosofica. Mi limito a ricordare, come segno del livello della specializzazione della sua ricerca, alcune delle sue pubblicazioni più significative sull’argomento: 1) la traduzione italiana completa di tutti i frammenti e delle testimonianze stoiche secondo l’edizione di H. von Arnim (Stoici antichi. Tutti i frammenti secondo la raccolta di Hans von Arnim, introduzione, traduzione, note e apparati a cura di R. Radice, Bompiani “Il Pensiero Occidentale”, Milano 2002); 2) la monografia dedicata al fondamentale tema della “oikeiosis”, cioè la appropriazione, nelle sue diverse declinazioni, dall’autoconservativa alla consociativa (R. Radice, «Oikeiosis». Ricerche sul fondamento del pensiero stoico e sulla sua genesi, Vita e Pensiero, Milano 2000); 3) la monografia tematica sullo stoicismo (R. Radice, Stoicismo. Una dura e virile sapienza, La Scuola, Brescia 2012); 4) infine, il lessico elettronico di tutti gli Stoici (Lexicon IV. Stoics, edited by R. Radice in collaboration with L. Palpacelli, C. Pisoni, I. Ramelli, L. Stochino, F. Scrivani and E. Vimercati, Electronic edition by R. Bombacigno, Biblia, Milano 2007, 4 vols. [4040 pp.] e 1 CD-ROM).

Sei un’appassionata anche di danza; ad oggi che rapporto hai con essa e con il mondo dello sport? Che rapporto c’è tra la danza e la filosofia?

La Danza fa parte della mia vita, ed esprime a pieno il mio modus vivendi. Sono una “appassionata” (in senso etimologico) dell’arte orchestica, poiché la danza è appunto un’arte meravigliosa, una disciplina importante e profonda, non uno sport. Con questo nutro enorme rispetto per lo sport, che ho praticato a livello agonistico per anni; semplicemente intendo dire che danza e sport afferiscono a due ambiti diversi, entrambi di pregio.

Per tornare alla danza, sono una danzatrice (tuttora in attività) di formazione classica; nel corso degli anni ho arricchito la mia formazione con il contemporaneo e il modern jazz, avendo l’occasione di partecipare a numerosi spettacoli di danza, teatrali, concerti e opere liriche con professionisti del settore. Per esempio, ho preso parte all’opera “Madama Butterfly” per il Balletto di Milano, in scena al Teatro Coccia di Novara e al Teatro Donizetti di Bergamo (2011); ho danzato il ruolo di Kitri in Don Chisciotte con Walter Madau del Teatro alla Scala nel ruolo di Basilio (per la produzione di Proscaenium 2013-2014), e la coreografia “Attraverso” (videoperformance), ideata e realizzata da M. Volpini per la serata inaugurale del XXV Premio Gallarate presso MAGA – Museo d’Arte Gallarate (2016). Attualmente ho in corso alcuni interessanti progetti che guardano alla danza nel suo rapporto con la lirica e la fotografia. Il mio amore per la danza, il teatro e simpliciter la cultura si è espanso anche su un altro orizzonte, quello della critica: da alcuni anni collaboro infatti come critico di danza e balletto per la storica rivista “Sipario”, collaborazione che mi onora e arricchisce ogni giorno di più.

La ringrazio per chiedermi del rapporto fra la danza e la filosofia. Ritengo che entrambe parlino la stessa lingua dell’infinito e del classico, e per la mia personale esperienza esse sono complementari e di grande aiuto reciproco. Come insegna Platone, è bene prendersi cura di tutte le “parti” della propria anima: danza e filosofia, da questo punto di vista, operano in sinergia. Per tornare alla storia della filosofia, occorre ricordare che la tradizione dossografica ci ha trasmesso molte informazioni del legame culturale fra filosofia e danza; basti pensare alla generosa trattazione che proprio Platone fa nella Repubblica, per non parlare poi di esempi nell’antichità di filosofi danzatori, come nel celebre caso di Socrate. Permettendomi un poco di licenza, vorrei concludere questa riflessione, auspicando una migliore conoscenza della Danza, così come dell’Arte tout court, nella profonda convinzione che la Cultura sia una per essenza, e che nell’ambito culturale e filosofico barriere e settorializzazioni eccessive rischino di impoverire e banalizzare il prezioso dono dell’arricchimento spirituale che le Muse elargiscono, un dono di ampio respiro che impone conoscenza, rispetto e dedizione costanti.

Selene I.S. Brumana (Gallarate 1987), laureatasi alla triennale in Lettere classiche e due volte alla magistrale in Scienze dell’antichità e in Filologia moderna all’Università Cattolica di Milano, è Dottore di ricerca in Filosofia all’Università di Padova (2017), titolo conseguito con una dissertazione sul Perì kosmou (Sul cosmo), trattato incluso nel corpus aristotelicum. Già Post-doctorante all’Université de Rouen Normandie (IRIHS-ERIAC), collabora con l’Università Cattolica di Milano e l’Università di Padova in qualità di “Cultore della materia” in Storia della filosofia antica, e con il Research Centre for Greek Philosophy (KEEF) dell’Academy of Athens. Autrice di molti articoli e saggi, si occupa soprattutto di tradizione platonica e aristotelica ellenistica e post-ellenistica. Ha curato la prima edizione italiana completa, con traduzione e commento, delle Dissertazioni di Massimo di Tiro (Bompiani 2019); ha collaborato all’edizione dei lessici elettronici di Stobeo (Biblia 2013) e Proclo (Biblia 2018).
https://www.bompiani.it/catalogo/dissertazioni-9788845299162

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Questo è un articolo pubblicato il 11-07-2020 alle 14:28 sul giornale del 13 luglio 2020 - 682 letture