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comunicato stampa

Scuola di Pace: verso un 2 Giugno che sia "Festa della Republica, Festa della Pace"

4' di lettura
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da Scuola di pace V. Buccelletti
facebook.com/scuolapacebuccelletti


Da tre anni a questa parte il 2 giugno per Senigallia ha rappresentato un momento di festa e di incontro per tante realtà della città che sono sensibili alle tematiche della Pace e della tutela dei diritti umani.

A partire dal 2017 infatti, soprattutto per volontà dell’allora presidente Paolo Simone, la Scuola di Pace “V. Bucceletti” del Comune di Senigallia ha organizzato l’evento “Festa della Repubblica Festa della Pace” che ha visto negli anni il coinvolgimento sempre più significativo di scuole, associazioni e cittadini di ogni età. Un momento in cui la comunità si è riunita al Parco della Pace intorno a valori fondamentali in cui si riconosce.

Quest’anno non sarà possibile ritrovarsi insieme con le stesse modalità, ma la Scuola con le sue iniziative vuole comunque testimoniare, soprattutto in questo momento così particolare, come la Festa della Repubblica debba essere necessariamente Festa della Pace. Mai come nel periodo di emergenza (sanitaria, economica, sociale) che stiamo vivendo, i valori in cui da sempre crediamo si sono rivelati fondamentali ed è da questi che dovremo ripartire per ricostruire evitando errori precedenti che adesso sono sotto gli occhi di tutti.

A qualcuno che si è trovato in prima linea durante questa è emergenza è sembrato forse di entrare in una dimensione apocalittica e un’Apocalisse l’abbiamo realmente vissuta, non in senso romanzesco ma nel senso autentico della parola: una rivelazione, quella delle enormi contraddizioni che caratterizzano oggi il nostro mondo.

La prima che vogliamo sottolineare quest’anno con la nostra campagna è una cifra, quei 26 miliardi spese militari previste per il 2020 che appare in questi tempi più ingiustificata che mai: a cosa ci sono serviti i costosissimi aerei F-35 (solo per fare un esempio fra i più recenti e noti a tutti) contro il covid-19? A cosa tutto l’elefantiaco sistema della nostra difesa che incide pesantemente nei fondi di bilancio non solo dell’apposito Ministero ma anche di altri? Quanto invece si sarebbe rivelata utile l’istituzione di un Ministero della Pace con la funzione principale di promuovere una difesa civile, attraverso la prevenzione e la pianificazione di interventi volti ad affrontare qualsiasi situazione di emergenza, anche sociale, che possono verificarsi in un Paese?

Mai come oggi ogni investimento dovrebbe essere a lungo termine e proiettato nel futuro di quei settori che costituiscono la struttura di riferimento di uno Stato: la sanità, per esempio, considerata per anni nelle scelte politiche una “spesa” da tagliare e non una risorsa che “produce salute” su cui investire, ma anche la ricerca scientifica, che andrebbe sottratta sempre più all’interesse privato per diventare un progetto organico a lungo termine.

E la scuola, da tempo sottodimensionata per organico e risorse, che dovrebbe invece essere sempre più inclusiva per formare cittadini consapevoli e responsabili e che dovrebbe essere uno strumento per ridurre le disuguaglianze anziché accentuarle come è successo in questi mesi di emergenza con la didattica a distanza.

Non c’è Pace senza giustizia sociale e la crisi economica devastante che accompagna e seguirà questa emergenza ancora una volta colpirà i più deboli, italiani e stranieri, se non verrà intrapresa una politica seria per affrontare la piaga del lavoro in nero, per promuovere la regolarizzazione in ogni settore produttivo e per garantire i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Spesso, infatti, in questa emergenza sono state proprio le donne a pagare il prezzo più alto non solo in termini economici ma anche di esclusione.

Non ci dimentichiamo poi dei diritti dei popoli del mondo: mai come ora è evidente che tutto si fonda ormai sull’interdipendenza e certe scelte hanno senso solo a livello mondiale. Per anni ci hanno voluto far credere per opportunità politica che gli sbarchi sulle nostre coste avrebbero avuto conseguenze disastrose sul nostro stile di vita e che avremmo dovuto per questo barricarci dentro le nostre frontiere, ma questo virus ha viaggiato sulle rotte commerciali del nostro mondo globalizzato e probabilmente in business class.

Il diritto dei popoli è poi soprattutto anche il diritto alla Pace: in pieno lockdown le nostre fabbriche di armi, mettendo a rischio la stessa incolumità dei lavoratori, hanno continuato a produrre strumenti di morte che serviranno a bombardare la popolazione dello Yemen o altri civili inermi. In questi mesi ci siamo sentiti proiettati nella dimensione dell’incertezza: il nostro pensiero non può non andare a tutti quegli esseri umani che convivono da anni ogni giorno con la difficoltà di procurarsi cibo o farmaci e con il terrore di un bombardamento, in una condizione di sofferenza a cui spesso contribuiamo anche noi orgogliosamente italiani con il traffico di armi.

Anche se quest’anno non potremo farlo in presenza al Parco della Pace, è proprio su questi temi che vogliamo aprire una riflessione in ambito cittadino, attraverso la pubblicazione di contributi sugli organi di stampa e nella nostra pagina Facebook.



Questo è un comunicato stampa pubblicato il 26-05-2020 alle 18:32 sul giornale del 27 maggio 2020 - 456 letture