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"Il Salotto della Fotografia":L'Arte creativa di Stefano Rosa

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da Barbara Palombi


Continua il viaggio nel mondo dell'arte e della fotografia digitale, con un docente ed artista di spicco del territorio fermano. Stefano Rosa ha saputo creare un suo personale linguaggio artistico potente ed assolutamente originale e le sue opere fanno parte di numerose collezioni private.

Nel corso degli anni partecipa a molte mostre ed eventi di livello nazionale ed internazionale ottenendo molti riconoscimenti;il suo viaggio nel mondo dell'arte gli ha permesso di arricchire il suo punto di vista che ci racconta.

Il tuo linguaggio artistico è in costante evoluzione e spazia in diversi generi creando una sorta di connubio tra arte classica ed arte moderna, questo legame come è nato?

Questo legame è nato dalla mia ammirazione e meraviglia per l’Arte Classica Greca. Gli scultori Policleto, Fidia, Skopas, Prassitele hanno espresso, secondo me, l’archetipo più alto e fulgido della storia dell’arte. Nella mia ricerca artistica cerco l’armonia e la bellezza; il legame è avvenuto naturalmente e senza sforzo, alcune volte in maniera conscia altre inconscia Quando riesco a comunicare per mezzo di un disegno, un dipinto, una scultura, un’opera concettuale, mi sento appagato.

Assistiamo ad un numero sempre maggiore di individui che si definiscono artisti, cosa ne pensi al riguardo?

Penso che chi si esprime nelle arti visive non deve fingere. E’ permesso negli anni giovanili quando si è alla ricerca del proprio sè e di uno stile personale autentico. Come cercatore non mi definisco artista ma, se trovo nel percorso della mia ricerca un messaggio positivo, mi piace comunicarlo con qualsiasi mezzo ritengo adatto allo scopo. Un vero artista è una persona che ha trovato l’uscita da un labirinto. Ciò mi porta a pensare che gran parte di chi si definisce artista non lo sia.

L’Era digitale quanto ha influito sui linguaggi artistici e sulla loro diffusione?

Gli artisti, e non solo, devono molto all’era digitale. Ha permesso loro di accorciare notevolmente i tempi di diffusione delle loro opere. Nel 1976, quando mi sono diplomato all’istituto Statale d’Arte di Fermo e dovevo far visionare le mie opere a galleristi e collezionisti in Italia o all’Estero, avrei dovuto fotografare le opere, aspettare lo sviluppo dello studio fotografico, spedire il materiale e attendere la risposta del destinatario. Tempi lunghi. Nel 76 non avrei potuto in una stagione esporre a Matera, poi a Rovereto. Qualsiasi abitante del pianeta, senza muoversi da casa, può in questo momento vedere un dipinto di De Chirico o una scultura di Mitoraj. Una rivoluzione epocale che ha influito, influisce e influirà sulla nostra vita quotidiana. L’uso eccessivo degli strumenti dell’era digitale ha purtroppo degli effetti collaterali nocivi come ha scritto Z. Bauman nel libro Amore Liquido.

Qual è il tuo punto di vista sull’arte digitale?

Credo che l’arte digitale sia uno strumento molto efficace di comunicazione dei nostri tempi. La polemica se ha più valore un dipinto o un’opera digitale è inutile e superata. Amo l’arte che emoziona e incanta: che sia una foto, un disegno, un dipinto, una scultura o un’opera digitale mi è indifferente. Ho visto opere stupende realizzate con della semplice carta e dipinti a olio inguardabili. L’arte non è una catena di montaggio, ma la medicina senza controindicazioni a disposizione di tutti.

Nella tua esperienza come docente, cosa cerchi di trasmettere ai tuoi alunni?

Penso che il problema principale nella scuola secondaria di 1° grado, dove insegno Arte e Immagine con incarichi anche su Sostegno, sia la passività degli alunni. La passività non deriva solo dalla televisione e dagli smartphone ma dall’incapacità degli insegnanti (non tutti per fortuna) di ascoltare la classe. Fare lezioni interminabili per rispettare i programmi ministeriali non basta. Stimolare gli allievi a raccontare le proprie esperienze in famiglia e nella società permette all’insegnante di trovare la chiave per ottenere la fiducia necessaria alla trasmissione del sapere, non solo mnemonico ma anche all’educazione del pensiero critico. Il pensiero critico è indispensabile per l’adolescente che in futuro dovrà affrontare sfide più complesse delle generazioni precedenti. Ho un metodo che ha sempre funzionato: Ricordarmi di essere stato anche io adolescente. Essere autorevole e mai autoritario. Non omologare gli allievi ma rispettare le loro diverse personalità. Incuriosirli e appassionarli alla materia che si insegna. Voler loro bene come se fossero figli.





Questo è un articolo pubblicato il 19-10-2019 alle 02:22 sul giornale del 21 ottobre 2019 - 2600 letture