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Grazie lo stesso, Davide: volley, le ragazze di Mazzanti si fermano all’argento [FOTO]

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Il volley è appena arrivato lì dove il calcio, per ora, non può. Non ci ha portato sul gradino più alto del mondo, ma su quello immediatamente sotto. Con tutte le emozioni che ne conseguono. Il sogno delle ragazze di Davide Mazzanti si è infranto contro il muro di una Serbia esperta, e che ha saputo capitalizzare le ultime azioni di gioco con una determinazione da campionesse del mondo. E il trofeo più ambito, infatti, lo portano a casa loro, dopo cinque set poco adatto ai cuori deboli.

È stata una sofferenza, dalla prima battuta fino al triste epilogo. Il primo set è stato caratterizzato da un vantaggio costante delle azzurre – anche fino a 5 punti -, complici le solite sassate di un’inarrestabile Paola Egonu, capace anche di sfondare i muri delle avversarie. La prima frazione si è chiusa sul 21-25 per le ragazze del ct marottese. Nel cuore, la speranza di arrivare davvero fino in fondo.

Poi il secondo set, con le serbe in vantaggio per la prima volta sul 6-5. Le troppe leggerezze in ricezione da parte delle azzurre hanno permesso alle avversarie di aumentare gradualmente il divario, fino a quel 19-11 che ha forse rappresentato il punto di non ritorno a cui nessun tifoso italiano avrebbe mai voluto assistere. Impietoso - ma “meritato” - il 25-14 a favore delle serbe di un secondo set contrassegnato dalla troppa poca convinzione da parte delle azzurre.

Nel terzo set, un testa a testa senza sosta. Uno dei tanti di questa fase finale del mondiale. Il 14-12 ha segnato l’inizio di una piccola ma significativa dimostrazione di orgoglio da parte delle ragazze di Davide Mazzanti, dopo i troppi errori della frazione precedente, tra ricezioni e alzate che avevano reso la vita troppo facile alla compagine serba. L’Italia ha così messo la testa avanti grazie a un 23-25. Poi l’inizio di una parabola - purtroppo - discendente.

Partenza azzurra più che discutibile nel quarto set. Il 4-1 serbo è stato l’anticipo di una frazione di gioco finita male per le italiane, nonostante le parole del ct. “Quella roba lì la sapete fare da Dio, e noi la facciamo da Dio!”, ha gridato Mazzanti vicino ai microfoni degli operatori durante il time out, nell’intento di risollevare le sorti della partita. Diversi i cambi di alzatrici, illusorio il passaggio dalle ricezioni sbagliate a quelle quasi miracolose. La difesa dell’Italia ha avuto il suo riscatto. Eppure il terzo set si è concluso sul 25-19 per le ragazze della Serbia.

Il tie-break si è aperto con una buona partenza delle azzurre, poi alcuni errori madornali. Quando si è così giovani, a questo punto la sfida diventa tra due atteggiamenti tra loro contrapposti: la sfrontatezza da un lato e la paura dall’altro. La Serbia è stata bravissima a difendere, così come a costruirsi attacchi vincenti dopo le deboli ribattute azzurre. Infine le loro schiacciate, e la disfatta delle italiane.

Eravamo tutti pronti a gridare frasi del tipo “così giovani eppure già vincenti”. Eravamo tutti incollati allo schermo – pure maxi, per gli avventori del palazzetto dello sport di Marotta -, ma le pur bravissime ragazze del nostro ct non hanno saputo concretizzare il loro sogno. E quello di tutti noi. Ora torneranno a casa con le lacrime della delusione. Ma a noi resta il ricordo del sorriso pressoché indelebile della Egonu, capace di sfoggiare espressioni solari pure nei momenti più critici. Come alla fine di uno dei time out del terzo set, quando – sul 18-18 – un Mazzanti infuriato ha alzato la voce per dare una scossa alla sua squadra. Sono queste le immagini che l’Italia si porta a casa. Quelle di un gruppo giovane, ma che non molla. E che il sorriso non lo vuole perdere. Mai. Impossibile capire se abbia davvero vinto la paura sulla sfrontatezza. Il risultato, da solo, non basta a dare una risposta. Quel che è certo è che l’inerzia è tutta dalla parte della nostra nazionale. Lo dicono le carte d’identità di una selezione che non supera i 23 anni di media. Alle olimpiadi ne mancano soltanto due. Forse la gioia è soltanto rimandata. E neanche di tanto.





Questo è un articolo pubblicato il 20-10-2018 alle 15:47 sul giornale del 22 ottobre 2018 - 1143 letture