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comunicato stampa

Cingolani (Jesiamo): 'Università a Jesi, alcune personali riflessioni'

5' di lettura
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da Paolo Cingolani
Jesiamo


Paolo Cingolani alla presentazione di Caffé Alzheimer

Pur consapevole che esporre di persona le proprie opinioni nell’apposita commissione riunitasi lunedì 30 nel Palazzo comunale sarebbe stato meglio, non ho potuto però annullare impegni inderogabili di lavoro che mi hanno trattenuto fuori città e solo dalla stampa ho letto quanto avvenuto e quali opinioni diverse si siano confrontate sulla questione Universita/Fondazione Colocci.

Vorrei comunque contribuire al dibattito per ricordare e chiarire alcuni passaggi della storia della Università a Jesi dal 2006 ad oggi (è un punto di vista il mio tutto politico, per qualcuno forse “fantapolitico” ma che purtroppo non si discosta molto dalla realtà).

Il Prof. Fava che al suo terzo mandato di Presidente della Fondazione Colocci, oggi si prodiga per mantenere in vita l’Università a Jesi, forse non ricorda o forse non è consapevole che a decretarne l’agonia fu proprio Lui.

Nel 2006 fresco di nomina , su indicazione della Fondazione Cassa di Risparmio, non so se per convinzione o perchè eterodiretto da chi lo aveva voluto Presidente, aprì infatti tutte le porte all’ateneo di Macerata quando il sottoscritto con l’allora Sindaco Belcecchi tentava di non far naufragare, ma anzi di stabilizzare ed implementare invece un rapporto con l’Ateneo di Ancona.

In quel periodo a Jesi oltre ai corsi di laurea della Università di Macerata era infatti attivo e ormai da qualche anno molto frequentato il corso triennale di “Assistente Sociale” della Facoltà di Economia e commercio di Ancona.

Sempre in quel periodo Jesi era diventato un luogo di elaborazione di politica socio/sanitaria di importanza: si stava parlando di Ospedale Modello, di U.O Regionale dell’apparato Locomotore, stava prendendo forma l’Azienda Servizi alla Persona. Era dunque più che maturo e naturale per il nostro territorio uno spostamento verso l’Ateneo di Ancona puntando sulla triennale e specialistica di Assistente sociale, sulla possibilità di portare poi a Jesi i corsi di Infermieristica, Educatore professionale, Fisioterapia...

Ma allora l’azionista/finanziatore di maggioranza della Colocci, la Fondazione Cassa di Risparmio Jesi, pose un netto rifiuto: o si continuava il rapporto con Macerata con progressiva definitiva chiusura del rapporto con Ancona o sarebbe diminuito in modo consistente il suo contributo. Di certo, e di sicuro legittimamente, ci saranno stati accordi tra le due Fondazioni Cassa di Risparmio, quella di Jesi e di Macerata, ma quello che è certo è che in definitiva non si operò nell’interesse del territorio di Jesi e Vallesina.

Ricordo che in un CdA della fondazione Colocci all’interno del quale rappresentavo il Comune di Jesi e nel quale cercavo di sostenere le ragioni della Amministrazione, ci venne detto che Macerata avrebbe trasferito in città l’intero corso di “Scienze Bancarie“ consolidando il ruolo di Jesi come città Universitaria.

Dopo tante promesse, una volta conclusi i rinnovi dei CdA delle 2 Fondazioni Cassa di Risparmio, quella di Jesi e Macerata, forse con soddisfazione di qualcuno ed insoddisfazione di altri, tutto fu disatteso. Il corso di “Scienze Bancarie“ rimase infatti a Macerata, l’Ateneo di Ancona non rinnovò la convenzione con Jesi e tra proclami di corsi di laurea spendibilissimi nel mondo del lavoro e di importanti e sempre più elevate percentuali di nuove immatricolazioni l’Università ha incominciato anno dopo anno a cercare di “sopravvivere” fino al tracollo dovuto alla impossibilità della Fondazione Cassa di Risparmio di continuare ad onorare la sua quota di finanziamento a seguito delle ben note vicende di Banca Marche…

In buona sostanza l’agonia della Università di Jesi è iniziata con la prima Presidenza Fava il quale, pur avendo fatto da qualche tempo di tutto per tenerla in vita, e di questo gliene dò atto, oggi si trova purtroppo e sicuramente suo malgrado nella condizione di doverne decretare la morte.

Vale la pena continuare a tener in vita una realtà che per ossigenarsi e tirare gli ultimi respiri va elemosinando risorse da chiunque compresa la Massoneria? Vale la pena tirare avanti una esperienza che non sembra interessare neanche così poi tanto alla Università di Macerata che forse in un futuro non lontano potrebbe far fatica a giustificare e sostenere la sua stessa esistenza? Il buon senso fa dire di no!

Non sarebbe meglio creare un fondo (basterebbe la metà della quota spesa annualmente per tenere in vita la nostra Università) ed assegnare borse di studio a studenti meritevoli e con redditi familiari bassi, perché possano frequentare corsi di laurea nelle università italiane?

Sarebbe anche più rispettoso del sostegno alle possibilità di scelta dei giovani, spesso mortificate da difficoltà economiche delle famiglie!

Certamente bene fa il Sindaco Bacci a prodigarsi nel tentativo di cercare di trovare una soluzione alla situazione in cui si è venuta a trovare l’ Università jesina, ma tutti sappiamo bene, (non saremmo onesti se dicessimo il contrario) che qualunque soluzione non potrà che essere transitoria o tampone perché senza un intervento diretto dello Stato, e dunque dei soldi pubblici, tramite un ateneo della nostra regione, Jesi potrà rimanere solo “Città Regia “ e non “Città Universitaria”. Ce ne faremo una ragione?



Paolo Cingolani alla presentazione di Caffé Alzheimer

Questo è un comunicato stampa pubblicato il 03-06-2016 alle 00:34 sul giornale del 04 giugno 2016 - 1825 letture