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Cartoceto: rapine agli uffici postali, individuato il capo della “banda della Lancia Lybra” e un suo fiancheggiatore

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Svolta nelle indagini relative alle rapine, avvenute nel 2014 a danno degli uffici postali del territorio. I Carabinieri di Saltara e del nucleo operativo di Fano hanno individuato il capo della “banda della Lancia Lybra” e un suo fiancheggiatore.

La mattina del 1° febbraio 2014 tre persone, con il volto travisato ed armati di fucile a pompa, utilizzando come “ariete” un autocarro Iveco Daily rubato nella notte a Colbordolo, avevano mandato in frantumi una vetrata laterale dell’ufficio postale di Lucrezia di Cartoceto.

Poi, una volta all’interno dell’ufficio di via Marche, i malviventi si erano impossessati di 20.000 euro prima di darsi alla fuga con una Lancia Lybra, risultata rubata nella stessa notte a Colbordolo.

Al momento della rapina, all’interno dell’ufficio postale, pieno di clienti in quanto giorno di pagamento delle pensioni, vi era anche un agente di Polizia Penitenziaria libero dal servizio che si era lanciato all’inseguimento della Lancia Lybra in fuga. Gli occupanti, però, avendo notato la presenza dell’agente, avevano invertito il senso di marcia puntando l’auto contro il veicolo dell’inseguitore e mostrando un fucile a pompa a scopo intimidatorio. A quel punto l’agente era stato costretto ad abbandonare l’inseguimento.

La Lancia Lybra, utilizzata dai rapinatori che, avevano aspettato l'arrivo del mezzo per il trasporto valori della Fitist Security, giunto pochi minuti prima della rapina, e la consegna della bolgetta contenente circa 60.000 euro in contanti per il pagamento delle pensioni (non trovata dai malviventi grazie ad una dipendente che, avendo udito il rumore dello sfondamento ed avendo intuito quanto stesse accadendo, aveva nascosto la bolgetta nel cestino dei rifiuti), era stata successivamente rinvenuta all’interno di un casolare abbandonato nella periferia di Lucrezia.

Sul luogo della rapina, invece, i militari avevano recuperato due berretti, di cui uno con visiera e pelle nera ritrovato nei pressi della vetrata sfondata, caduto ad uno dei malviventi durante le concitate fasi della rapina. Gli investigatori, che non avevano altri elementi per avviare le indagini, se non l’analisi del modus operandi e la tipologia di auto utilizzata, partendo dall’idea che per commettere la rapina serviva una profonda conoscenza del territorio e delle strade secondarie così da poter raggiungere l’ufficio postale con mezzi rubati senza essere intercettati, concentrarono la loro attenzione su un gruppo di persone provenienti da Foggia con precedenti specifici e con basisti del luogo.

Pertanto, dopo una faticosa opera di analisi e selezione, anche attraverso attività tecniche su un pluripregiudicato di Cerignola considerato il capo della banda con una ramificata parentela a Fossombrone, quando l’uomo ha raggiunto il territorio di Fossombrone (era il 30.03.2014), i militari si sono immediatamente messi sulle sue tracce. Ma l’uomo aveva abbandonato tutti i cellulari in suo possesso, utilizzato diverse auto, messe a disposizione dai parenti, e messo in atto una serie di comportamenti elusivi per evitare pedinamenti.

Così, nonostante l’allerta fosse massima, il 1° aprile 2014 la banda, con lo stesso “modus operandi”, aveva tentato di assaltare l’ufficio postale di Gallo di Petriano. Alle ore 8:40, subito dopo la consegna di un ingente somma di denaro da parte del furgone portavalori, che serviva per pagare le pensioni, il ‘capo’, insieme ad altri due complici, aveva spostato un’Alfa Romeo Giulietta, parcheggiata di fronte l’entrata dell’ufficio postale al fine di creare uno spazio utile per il passaggio di un camion spazzaneve Fiat Iveco, di proprietà della Provincia di Pesaro ed Urbino, rubato nella stessa nottata in località Montefelcino, da utilizzare come “ariete” per sfondare la vetrata dell’ufficio.

Un carabiniere in borghese, libero dal servizio e fermo difronte all’ufficio postale di Gallo di Petriano, notando gli strani movimenti, con coraggio si era avventato contro i rapinatori, ingaggiando una colluttazione con uno di loro ed inducendo gli altri a salire a bordo di una Lancia Lybra, rubata nella notte a San Giovanni in Marignano (RN), per darsi alla fuga.

La Lancia Lybra, divenuta il “marchio di fabbrica” della banda criminale, era stata poi rinvenuta nelle vicinanze di un casolare abbandonato in località Coldazzo di Vallefoglia. E, come nel precedente caso, sul luogo della rapina gli investigatori avevano recuperato due berretti, persi dai malviventi durante le fasi della colluttazione con il carabiniere e della successiva fuga.

Trascorsi appena due giorni da questo episodio, il basista di Fossombrone, era stato intercettato mentre parlava con un congiunto, ugualmente a conoscenza dei fatti, per sapere se fosse ‘in arrivo niente’ (inteso di denaro spettante) ma di risposta l’interlocutore commentava l’esito infruttuoso (“..hanno fatto un macello e mezzo eh….non sono stati molto…”).

Seri problemi di salute avevano costratto il ‘capo’ ad un ricovero in ospedale e la banda si era, temporaneamente, dissolta. Tuttavia, poco dopo, le redini della banda erano passate al nipote del “capo” che aveva riorganizzato il gruppo e, la mattina del 1° settembre 2014, con lo stesso modus operandi, stesso veicolo (Lancia Lybra rubata a Grottammare), dopo aver atteso l’arrivo e la successiva partenza del portavalori, avevano tentato una rapina presso l’Ufficio Postale di Rapino (CH).

I carabinieri di Fano, sulle loro tracce da tempo, avevano ormai allertato i colleghi di mezz’Italia. Pertanto, quando è scattato l’allarme, una pattuglia dei Carabinieri del posto è prontamente intervenuta, bloccando la rapina e ponendosi all’inseguimento dei malviventi. Ne scaturiva un conflitto a fuoco tra i malviventi in fuga ed i carabinieri. Al termine del quale, i rapinatori avevano abbandonato i mezzi rubati per darsi alla fuga a piedi tra la boscaglia. Dopo ore di ricerche, i quattro malviventi, tutti provenienti da Cerignola (compreso il nipote del “capo”), venivano tratti in arresto.

Le indagini, ricorrendo agli esami del Dna da parte del RIS carabinieri di Roma, avevano permesso agli investigatori di appurare con assoluta certezza la presenza del “capo” della banda su entrambi i luoghi delle rapine (Lucrezia e Gallo di Petriano). Non solo. La comparazione biologica dei reperti avevano inoltre consentito ai militari di raccogliere elementi di prova anche per il furto dei mezzi utilizzati, nonché per porto e detenzione di armi. Il basista di Fossombrone era stato indagato a sua volta per il reato di concorso materiale per aver fornito supporto logistico alla banda.

I sostituti procuratori, dottoresse Garulli e Fucci della Procura di Pesaro, hanno quindi formulato i capi di imputazione e trasmesso gli avvisi di garanzia agli indagati, attualmente liberi, per poi valutare la richiesta di rinvio a giudizio.





Questo è un articolo pubblicato il 10-01-2017 alle 12:33 sul giornale del 11 gennaio 2017 - 939 letture