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Amati (PD): Il mio no alla Riforma Costituzionale

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da Silvana Amati
senatrice Pd


silvana amati

Uno dei punti fermi della mia vita politica ed istituzionale è stata la difesa della nostra Costituzione, da tanti considerata la più bella del mondo, che certo andrebbe prima di tutto interamente applicata.

Dal 1994 ho aderito all'appello di Dossetti all'allora sindaco di Bologna Walter Vitali e con Carlo Emanuele Bugatti ed Enrico Moroni abbiamo dato vita al primo comitato italiano per la difesa della Carta , tanto che conservo gelosamente la lettera che allora Dossetti ci scrisse invitandoci a Monteveglio.

Poi le opportunità che la mia vita istituzionale mi ha offerto mi hanno consentito di dibattere nel merito molti tentativi di cambiamento. Così da presidente della Conferenza dei Presidenti dei Consigli Regionali Italiani mi sono spesa già nella bicamerale D'Alema contro l'elezione diretta dei presidenti delle giunte regionali e contro la modifica del titolo quinto .Modifica , che fu votata allora a stretta maggioranza e che si rivelò poi foriera di quei problemi che avevamo denunciato. Infatti viene oggi proposta nuovamente a modifica come se cambiare la Carta sia cosa da fare e disfare.

Conseguentemente nel 2001 ho votato No a quel referendum costituzionale.

Ma in tanti hanno continuato a predisporre modifiche che alteravano l'assetto scelto dai Padri Costituenti e così siamo giunti alla modifica proposta nel 2006 dal Governo Berlusconi, più nota come devolution.

In quel caso fu compreso e condiviso l'attacco che veniva mosso al cuore dello Stato e il referendum di allora raccolse il No corale di una grande maggioranza degli italiani. Colpisce non poco che nessuno oggi voglia ricordare quella netta espressione della volontà popolare.

A presiedere e coordinare i comitati contro la devolution era stato scelto il presidente Oscar Luigi Scalfaro e con lui, al Senato, sono stata promotrice di un disegno di legge con il quale si intendeva rendere più rigido l'articolo 138. Un articolo che viene usato orami come facile grimaldello per qualunque cambiamento.

Poi c'è stata la crisi economica di questi anni e con essa le sempre crescenti difficoltà della politica che non era in grado di rispondere prontamente come si chiedeva alle difficoltà della gente e all'asprezza della vita quotidiana.

Certo queste circostanze, difficilmente imputabili a questioni solo interne al nostro Paese, hanno allontanato i cittadini dalle istituzioni consentendo la crescita di un disagio grande. Questo è stato il vero carburante di quella antipolitica che alla denigrazione mai ha sostituito l' indicazione di risposte concrete ai tanti problemi aperti.

Dovremmo tutti sapere, perchè c'è stata l'esperienza dell'avvento del fascismo e del nazismo, che la risposta non può essere lo stravolgimento delle istituzioni democratiche sancite dalla Costituzione per cercare maggioranze governative stabili slegate dal voto popolare.

Questo sottintendono le profonde modifiche costituzionali, che ho contrastato in Aula al Senato con il voto. Il mio agire è stato sempre sommesso per non dare la sponda a strumentalizzazioni.

Prima quella portata avanti dal governo Letta e non conclusa per la caduta del medesimo e poi l'attuale .

Di quest'ultima anche il percorso istituzionale è stato lacerante.

Tante le forzature nei tempi oltre che sui temi, sempre con l'idea della autosufficienza di una maggioranza risicata, spesso col il voto ottenuto in un'Aula semivuota per l'abbandono delle opposizioni. Quanto di più lontano da un sincero spirito costituente.

E'il merito però che più preoccupa .

La falsa concezione che tutti i mali del sistema stiano nelle presunte lentezze di un bicameralismo che non è affatto la casa dei ritardi, se è vero come è vero che di tutte le norme votate in questi 3 anni mancano ben 300 decreti attuativi per renderle efficaci. Decreti attuativi che questi spettano al governo.

Ritardi e rimpalli sono frutto delle indicazioni della politica sulle istituzioni.

Le enfatizzazioni di risparmi sono risibili nella realtà con la trasformazione del Senato nella cameretta di consiglieri regionali e sindaci.

Meno di 50 milioni per una istituzione che resterebbe simulacro di antiche memorie, dove restano comunque in attività le 750 unità di personale che certo non avranno molto da fare. Un vero spreco di competenze.

Poco significativa la presenza dei rappresentanti delle Regioni, scarsi in numero e poteri, visto che è rimasta in vita la Conferenza Stato/Regioni.

Tanto potrei ancora riferire ma credo basti infine la riduzione del diritto di voto ai cittadini e alle cittadine visto che alle prossime elezioni politiche la scheda del Senato , se passa questa riforma, non ci sarà.

Di questo mio convinto NO alla riforma un unico dispiacere, che la personalizzazione della politica in questo referendum lo faccia omologare con un No al Governo.

Questo Governo l'ho correttamente sostenuto in ogni occasione e con in tanti voti di fiducia in Aula, ma qui si tratta di mettere mano o meglio manomettere la Carta Costituzionale .

Ricordando Dossetti non posso non ricordare il cimitero dove è sepolto che è quello di montagna dell'ultima strage di Marzabotto.

Lì si coniugano visibilmente Resistenza, Repubblica e Costituzione.

Nessuno potrà convincermi che cambiando 47 articoli della seconda parte della Carta non si alteri anche la prima parte, sulla quale certo si regge il nostro sistema democratico. Nessuno può chiedermi di non difendere le istituzioni ed il diritto al voto da parte dei cittadini.



silvana amati

Questo è uno spazio elettorale autogestito pubblicato il 19-11-2016 alle 12:41 sul giornale del 21 novembre 2016 - 14530 letture