"Immigrati, la Triste fiaba del Borgo della Pace", la lettera di Romina Pierantoni, sindaco di Borgo Pace

4' di lettura 18/09/2016 - C’era una volta, Borgo Pace… un piccolo comune marchigiano, in provincia di Pesaro e Urbino, situato nell’Appennino tosco-umbro-marchigiano. Uno di quei comuni, allora, considerati uno “spreco” nell’opinione generale.

La popolazione contava infatti appena 660 abitanti che, dislocati in 6 frazioni, mantenevano 55 km quadrati di territorio nazionale. Era una località turistica in cui la natura, il buon cibo, l’aria pulita, la tranquillità la facevano da padrone. La maggior parte dei borgopacesi viveva lì non per disperazione ma per scelta, ben coscienti che una città, sempre più smart, avrebbe dato loro tanti servizi, una vita più facile ma meno bella e soprattutto molto meno sicura e libera.

La libertà…in quel periodo era un valore importante, fondamentale, ricercato in modo particolare da tante persone che si vedevano costrette ad abbandonare il loro continente, l’Africa, alla volta della terra promessa, l’Europa. Percorrevano km e km a piedi per giungere in Libia dove prima imprigionati, poi sfruttati riuscivano, sudando, a guadagnare la somma necessaria per potersi imbarcare, accatastati, in mezzi di fortuna, ben coscienti che l’ambita meta poteva anche non essere raggiunta. Ma fortunatamente a migliaia riuscivano a toccare l’agognata TERRA.

Il continente Europeo era formato da tanti stati che, sulla carta dovevano essere uniti ma che nella sostanza applicavano politiche divergenti. Chi alzava muri, chi metteva barriere, chi filo spinato, chi li rispediva al mittente. Ma, vi domanderete, a quale mittente se la maggior parte di loro non avevano documenti?

Lo Stato in cui sbarcavano era la penisola italica, una terra stretta e lunga a forma di stivale che però più che un calcio praticava l’accoglienza.

E così, una sera d’aprile 2014, 20 di questi ragazzi, arrivarono scortati, con un pullman nel piccolo Paese, ospitati, momentaneamente, in un hotel del capoluogo, abitato da poco più di 300 persone, che prima ospitava turisti. In un primo momento gli abitanti del paese furono presi alla sprovvista e non furono proprio contenti, ma , appena visti i volti spaventati e sofferenti dei ragazzi, prevalse la naturale propensione all’accoglienza e tutto proseguì in pace. Qualche mese dopo ai 20 se ne aggiunsero 5 poi 10, poi altri 10 fino ad arrivare nell’estate del 2016 al n. di 60, ancora parcheggiati, per emergenza, nello stesso hotel.

A quel punto la popolazione si sentiva invasa, spaventata: come poteva una comunità così piccola accogliere ed aiutare un così alto numero di persone, di etnie differenti, di culture e tradizioni diverse?

Più volte le autorità comunali avevano cercato di far presente alle autorità sovraordinate il disagio ma, ahimè gli sbarchi erano sempre in crescendo e le amministrazioni disposte ad ospitare poche: chi aveva la sfortuna di avere strutture doveva accettare e stare zitto…pena essere tacciati come razzisti.

La Pace stava abbandonando il Borgo, la gente non si sentiva più libera nè tantomeno sicura, ma…un bel giorno arrivò una notizia.

Sei ragazzi ospitati da oltre due mesi nella struttura si dichiararono minorenni…e allora, direte voi dov’è il problema? Il problema era nel bilancio comunale. Infatti l’interpretazione della normativa da parte del Governo italiano prevedeva che fosse il Comune a farsi carico in modo significativo delle spese. Ma i soldi non c’erano, sarebbe fallito il Comune… e allora?

I finali potrebbero essere diversi. Noi, che abitiamo nel BORGO della PACE, vorremmo, come nelle più belle favole, poter scrivere …. E VISSERO FELICI E CONTENTI.

Per questo chiedo, a chi compete di adempiere al proprio dovere, di rispondere alle mie domande:

1) Pensate che un n. di 60 migranti in una comunità di poco più di 300 abitanti sia socialmente sostenibile?
2) Pensate che il bilancio del piccolo comune di Borgo Pace possa sostenere gli ulteriori costi previsti per collocare in apposite strutture 6 minorenni?
3) Pensate che sia giusto mettere a serio rischio di chiusura un Comune per una così grande e insostenibile prova di solidarietà?
4) Pensate che tutto questo sia eticamente solidale?
5) Pensate che questo sia il modo giusto per garantire sicurezza e libertà ai cittadini italiani e agli stessi richiedenti asilo?
6) Cosa pensate che io debba rispondere ai miei “colleghi” cittadini vista la mia impotenza istituzionale, calata dall’alto, nel tutelarli?

A me, oggi, in qualità di Sindaco e Amministratore di questo territorio, non resta altro che scrivere favole: ad altri l’onere e l’onore di scrivere il lieto fine.


   

da Romina Pierantoni
Sindaco di Borgo Pace





Questo è un comunicato stampa pubblicato il 18-09-2016 alle 17:50 sul giornale del 19 settembre 2016 - 1748 letture

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